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Il caso Neymar manda in soffitta il FPF e crea una netta spaccatura tra piccoli e grandi club

(di Marcel Vulpis*) – Con la firma di Neymar Jr. al PSG, un’operazione finanziaria del valore globale di 630 milioni di euro (incluse le tasse), si è aperta una nuova fase nella storia del calciomercato, con effetti a catena sul Fair play finanziario europeo. Nessuno tra gli addetti ai lavori, a partire dall’Uefa, ha il coraggio di ammetterlo (per il momento l’operazione di cui parliamo è sotto esame degli ispettori, ma i risultati non arriveranno prima della Primavera del 2018), ma è in gioco la stabilità del sistema nel suo complesso. Il pagamento della clausola rescissoria di 222 milioni di euro, collegata ad un accordo pubblicitario con il centravanti brasiliano, per 300 milioni di euro (senza considerare l’ingaggio da 60 milioni di euro lordi, spalmati su cinque anni), è la più grande manovra di aggiramento del fair play finanzario mai studiata, fino ad oggi, nel calcio moderno.

Il FPF, ideato nel 2009 dall’ex presidente dell’Uefa, Michel Platini, è morto, anche se sulla carta, monitoraggio e possibili provvedimenti punitivi sono operativi.

Motore dell’operazione Neymar-PSG è la Qatar Sports Investments, società collegata ad un importante fondo sovrano nazionale (Qatar Investment Authority), che ha curato, già diversi anni fa (estate 2011), l’acquisizione del club parigino.

Neymar verrà utilizzato, fino al 2022, come ambasciatore del Mondiale di calcio (il primo in terra araba). Ufficialmente è un contratto di diritti di immagine per fini pubblicitari, nella realtà è stato costruito a tavolino dal Governo di Doha, per recuperare, in termini di reputazione internazionale, dopo il blocco imposto da una coalizione di Paesi guidata da Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti.

Il calcio come strumento per spostare l’attenzione dell’opinione pubblica, utilizzando le magie in campo del calciatore più talentuoso del momento. Investendo sul PSG, la famiglia reale qatariota intende trovare nella Francia, ma soprattutto nel suo Governo, un sostegno concreto per risolvere la crisi del Golfo. I risultati potenziali di questa operazione di geopolitica calcistica saranno visibili non prima di sei mesi; l’unico aspetto garantito è la capacità, da parte di Neymar, di creare un’immagine positiva sui marchi/progetti cui si è legato in tutti questi anni. Tecnicamente si chiama “smart sponsorship” ed il football è una vera e propria piattaforma diplomatica, per riportare sul Qatar un’immagine finalmente positiva, dopo le accuse (presunte) molto gravi mosse dalla coalizione araba (sul terreno dell’appoggio qatariota al terrorismo internazionale). (Inchiesta/CorrieredelloSport)

*direttore agenzia Sporteconomy

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Marcel Vulpis

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