Editoriale – Riflessioni sul caso Totti e la “grana” Vodafone
Gli errori, se così vogliamo chiamarli, sono stati commessi da parte di tutti. La famiglia Sensi, per esempio, ha costruito l’immagine della squadra e della società solo attorno a Totti, andando contro quello che, ormai, è il modello-base del marketing dei top club inglesi: individuare una serie di campioni da far ruotare nelle campagne adv, magari mercato per mercato (lo sta facendo in Italia il Milan concedendo i top player, non uno solo, ai top sponsor del club).
L’esplosione del caso Totti nella parte finale di questa torrida estate romana è solo il finale di una gestione per certi versi “bizzarra” di una delle migliori espressioni del calcio italiano degli ultimi 50 anni. Una gestione passata, presente e futura, dove sinceramente (non ce ne voglia nessuno) vediamo una serie di errori tecnici. La domanda, infatti, che molti addetti ai lavori, che hanno avuto modo di lavorare con l’atleta romano in tutti questi anni, dovrebbero farsi (e che stranamente non si pongono) è solo una: …Ma quanto avrebbe potuto guadagnare la Roma o lo stesso calciatore se fosse stato gestito in modo diverso da come è stato gestito fino ad ora? Una domanda che si dovrebbe porre non solo la precedente gestione societaria, ma anche il gruppo di parenti che lo supporta, giorno dopo giorno, nello sfruttamento dei diritti di immagine individuale. Non è una domanda banale, perchè esistono casi conclamati come quello di David Beckham, dove ogni attività dell’icona inglese è studiata a tavolino da un pool di esperti in comunicazione, pubblicità e immagine (e non dai parenti dell’atleta Uk). E i risultati commerciali sono visibili a vista d’occhio. “Becks” è ancora oggi ai primi posti, per i guadagni pubblicitari, secondo la tradizionale classifica stilata dal magazine Forbes, superando stelle del calibro di Messi.
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