Serie A - Serie B

Stadi – Nuovi stadi per contenere la “megalomania” di chi ha costruito quelli attuali

La capienza ufficiale di San Siro è di 80.018 posti. Il Milan ha chiuso la stagione con una media di 59.731 spettatori a partita, l’Inter con 55.345. Il Milan ha occupato il 74,65% della capienza, l’Inter il 69,17%. I nostri stadi purtroppo sono mezzi vuoti, anche se c’è stato un consistente recupero di spettatori.

Si è passati dai 7.127.310 del 2006-’07, l’anno dopo "Calciopoli", agli 8.775.883 del 2007-’08, ai 9.544.280 dell’annata appena conclusa. Il traguardo 10 milioni non è impossibile: il prossimo anno ci saranno in A Livorno, Parma e Bari (fonte: LaRepubblic). L’A.s. Roma ha una percentuale di occupazione del 54,16% (39.374 spettatori di media), la S.s. Lazio del 48,16% (35.013). L’Olimpico ha una capienza ufficiale di 72.698 spettatori. Fiorentina è intorno al 67% di occupazione, Napoli dopo una stagione infelice il 66%. Il Palermo è sul 63%, molto meglio il Catania (85%). Anche la Sampdoria non riesce a riempire Marassi: solo 63,75% di occupazione. La Juventus fra due anni avrà il suo impianto di proprietà (una novità assoluta per il sistema Italia: un impianto di lusso che dovrebbe fare aumentare il fatturato da stadio del 20%.

Il dato finale è quello più inquietante. Ancora oggi paghiamo colpe di chi ha gestito il sistema calcistico tricolore negli ultimi anni. Questa situazione non nasce oggi, anzi. Chi ha fatto costruire determinati impianti dovrebbe chiedere scusa al tifoso-medio che per vedere una partita deve comprarsi il binocolo (soprattutto dove ci sono le piste di atletica) Il problema vero è culturale. In questo Paese nessuno si prende una responsabilità, si è solo alla ricerca di nuove poltrone e incarichi di prestigio, nonostante che in tutti questi anni sia evidente anche a un cieco che il livello del management calcistico non è stato in linea con le attese del pubblico pagante. Pubblico, per inciso, che paga ogni domenica soldi "profumati" per assistere a uno pseudo-spettacolo a costi da "settimana bianca", soprattutto in alcuni settori degli stadi. La tristezza è che in questo Paese non c’è un giornale di opinione che abbia il coraggio di dire una volta per tutte che la gente è stanca di questa situazione. E adesso arriva la tessera del tifoso, una sorta di schedatura mascherata da strategie di marketing dei club, ancora tutte da capire. In una parola: "Il re è nudo". E chi si fa l’abbonamento a Sky fa bene, perchè almeno assiste a uno spettacolo televisivo, comodamente seduto in poltrona, a costi molto bassi. L’alternativa è rischiare la vita o di patire il freddo, cercando di guardare la squadra del cuore dietro a un pilone di cemento, in uno stadio che non è neppure di proprietà del club che vi gioco. Ma queste sono cose possibili solo nel nostro mercato. 

Un’ultima riflessione sul tema in oggetto. Come analisti di sport-business vorremmo chiedere agli "scienziati" che hanno progettato gli attuali stadi dove si gioca la serie A. Ma su quali basi scientifiche hanno valutato la capienza degli impianti, che continuano a essere disertati persino nel quadriennio in cui l’Italia è campione del Mondo? Sbagliare la capienza di un impianto si può accettare (chi non sbaglia nella vita, ndr), ma valutare erroneamente ben 20 stadi fa pensare male anche chi maligno non è. O no?

Tutti in Italia parlano di nuovi stadi più funzionali, più piccoli, ma soprattutto più rispondenti alle moderne esigenze dei tifosi-clienti. Nella realtà c’è da risolvere un problema a monte: quelli attuali sono "sovradimensionati" rispetto alle capacità di riempimento dei club di calcio. E i dati dell’ultima stagione dimostrano come le società non riescano, nella stragrande maggioranza dei casi, a "riempire" gli impianti (ad esclusione dei big match nazionali/internazionali). Tutti infatti hanno una bassa percentuale di occupazione delle strutture. (nella foto l’immagine della Donbass Arena, che verrà inaugurata il prossimo 29 agosto in Ucraina – un simbolo dello stadio hi-tech del prossimo futuro)

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Marcel Vulpis

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