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Sport&Affari – Sponsor e affari vanno in buca (rassegna stampa)

Il golf non è solo un gioco, ma un business che in Italia vale 350 milioni di euro (escluso l’indotto) e crea lavoro per 4 mila persone in 378 circoli sparsi nella Penisola. Ha fotografato il valore economico che ruota attorno al green Protiviti, il gruppo multinazionale di consulenza direzionale che in collaborazione con la Federazione Italiana Golf ha presentato a Milano la prima ricerca sul contesto golfistico italiano.
Dallo studio emerge che negli ultimi 10 anni sono nate 125 strutture, che il ricavo medio annuo di una struttura golfistica a 18 buche ammonta a 190 mila euro (rappresentato in larga misura dalle quote sociali e dai green fee), che mediamente lavorano all’interno della struttura 34 addetti (compresi i servizi esternalizzati) e l’età media del golfista in Italia è di 46 anni.
«Dai dati che abbiamo raccolto emerge che il golf è un business importante ed in costante ascesa», dice Alessandro Cencioni, managing director e coordinatore della ricerca. Le opportunità? «La valorizzazione turistico-immobiliare, commerciale e sportiva» dei territori sui quali nascono i circoli. E per quanto riguarda i risultati sportivi si contano 18 successi in campo internazionale dei nostri atleti nell’ultimo anno.
La crescita dei tesserati
Un vero miracolo se si considera che gioca un italiano su 620 mentre in America si cimenta con mazze e palline oltre il 10% della popolazione. La crescita dei tesserati è costante: «Siamo quasi a quota 100 mila – dice Franco Chimenti, Presidente della Federazione Italiana Golf – e negli ultimi 5 anni l’incremento è stato del 33%. Ma soprattutto è eccezionale la crescita media annua del 12% dei giocatori juniores, strettamente legata alla politica promozionale della Fig per gli under 18».
Le principali fonti di ricavo di un circolo sono rappresentate da quote sociali, green fee, gare, servizi. Le quote sociali rappresentano le quote associative dei membri dei golf club. Hanno un’incidenza media sul totale dei ricavi di quasi il 60% e possono raggiungere punte di oltre il 70% per i circoli più tradizionali. Inoltre, all’interno di questa categoria di ricavo confluiscono le quote a fondo perduto che i soci versano nei circoli più prestigiosi al momento dell’iscrizione.
Le entrate
Le entrate derivanti da green fee, ingressi occasionali da parte di golfisti non soci, sono mediamente pari al 16% dei ricavi totali e per circoli a vocazione turistica possono arrivare a superare il 40%. Anche i circoli tradizionali, posizionati all’interno di aree geografiche a forte valenza turistica, arrivano a contare 10.000 ingressi ogni anno.
La voce di introiti più innovativa è quella delle sponsorizzazioni, una strada che percorre il Royal Park I Roveri: «Si tratta di un vero e proprio progetto commerciale – spiega Andrea Agnelli, amministratore delegato del circolo che ospita l’Open d’Italia – . Le aziende diventano sponsor del circolo, e nel nostro caso sono una quindicina, tra cui ci sono Generali, New Holland, Pepsico e Taylormade».

fonte: LaStampa

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