All newsAltri eventiConiEconomia E PoliticaEmergenza Coronavirushome pageIstituzione e Attualità

Sport e Salute SpA “strizza” l’occhio alla finanza. Il “bond” a sorpresa apre a nuovi scenari

Ha colto di sorpresa tutti, istituti bancari inclusi, il rumour della possibilità (futura), da parte di Sport e Salute SpA (ex Coni Servizi), di emettere bond. Per il momento una proposta parlamentare, ma destinata a far discutere nelle settimane a venire. Anche perché, fino ad oggi, l’ex braccio operativo del CONI non si era mai lanciata sul mercato dei prestiti obbligazionari. Andando oltre la propria mission aziendale e scavalcando, di fatto, anche l’Istituto per il Credito Sportivo (da sempre considerata sul mercato come la “banca dello sport”).

Ecco l’idea anticipata quest’oggi dall’agenzia AGI: “…consentire alla società “Sport e Salute”, di emettere un ‘bond dello sport‘, per reperire la liquidità necessaria a finanziare progetti, utili al sostegno e al rilancio del sistema sportivo, a fronte di un beneficio di natura fiscale in favore dei suoi sottoscrittori. Lo prevede uno degli emendamenti al dl rilancio messo a punto da alcuni relatori. Agli obbligazionisti che sottoscrivono prestiti obbligazionari deliberati dalla Società, tra la data di entrata in vigore della legge di conversione del dl rilancio e il 31 dicembre 2021, sarà applicato un credito d’imposta commisurato al 110% del valore nominale del valore di rimborso dell’obbligazione…Tale credito potrà  essere utilizzato dall’obbligazionista, successivamente alla data prevista per il rimborso del capitale (anche parziale), o nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta previsto per il rimborso, o in compensazione o mediante la cessione, anche parziale, ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari”.

Non è ancora chiaro, al momento, quale possa essere il controvalore di questo “bond dello sport”. In determinati ambienti finanziari/parlamentari si fa notare come questo “debuttopotrebbe aprire la porta alla possibilità (per i ruoli apicali di “Sport e Salute”) di superare (in punta di diritto) il tetto salariale attualmente previsto per i manager pubblici.

La legge parla chiaro: un decreto del MEF (emanato nel 2016) ha fissato a 240mila euro il tetto massimo agli stipendi dei manager pubblici ma la norma non vale per le società presenti in Borsa. Un’eccezione confermata dallo stesso “Decreto Madia”, che, esonera dall’obbligo le società “quotate”. Il virgolettato è d’obbligo perchè la norma in oggetto abbraccia sia le società presenti a Piazza Affari, sia quelle che emettono strumenti finanziari diversi dalle azioni (i cosiddetti bond) e, in generale, tutte le controllate di queste ultime (purché non partecipate da amministrazioni pubbliche).

Seguiremo, nelle prossime settimane, gli sviluppi della vicenda, che interessa non solo aspetti di natura finanziaria, ma anche e soprattutto elementi collegati al funzionamento delle aziende pubbliche. E questo ai tempi del Covid-19 ha un impatto, in termini di opinione pubblica, anche più forte. 

 

 

 

Previous post

Cesena FC: premiato il progetto “Per un calcio integrato”

Next post

Frecciarossa sleeve sponsor della Lazio fino al campionato 2021/2022

Redazione

Redazione

No Comment

Leave a reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *