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Gli effetti del conflitto russo-ucraino sui due campionati dell’Europa dell’Est

(di Marcel Andrè Vulpis) – La guerra in Ucraina è atterrata prepotentemente sul rettangolo di gioco. Il massimo campionato di calcio, conosciuto con il nome di Prem’er-Liha, dopo essersi fermato, nel marzo scorso (in concomitanza con il 18° turno), con lo Shakhtar Donetsk al 1° posto provvisorio (47 punti e due di vantaggio sui rivali storici della Dinamo Kiev), è stato, alla fine, cancellato a seguito della invasione russa.

L’ultima giornata era prevista per il 21 maggio 2022, ma la Federcalcio ucraina (la FFU) ha scelto di non assegnare il titolo nazionale (così come non vi sono state promozioni e retrocessioni), perché molte delle sedi di gara, nel frattempo, si erano trasformate in teatri di guerra. E’ il caso, ad esempio, della martoriata Mariupol, città-martire che ha rifiutato per settimane la resa, ma soprattutto sede di un club della prima divisione.

Ripartenza obbligata

In questa nuova stagione il calcio ucraino è ripartito non senza difficoltà: si gioca spesso in stadi diversi da quelli di proprietà dei club ee con spalti desolatamente vuoti. L’obiettivo primario del Governo è dare un messaggio di “normalità”, pur in un Paese in guerra da oltre sei mesi.

Attualmente la massima serie ha tagliato il traguardo del 7° turno, anche se quattro squadre (tra queste lo Shakhtar Donetsk e il PFK Oleksandrija) sono ferme ancora alla 5° a giornata, tra rinvii e allarmi anti-aerei.

Sotto il profilo economico la Dinamo Kiev, popolare club ucraino, detiene la leadership economica se si analizza il valore delle “rose” presenti in campo. Nel complesso quella dei bianco-blu vale oltre 109 milioni di euro. Subito dietro lo Shakhtar (80,3 milioni) e il Dnipro, leader provvisorio in campionato (23,85 milioni). Ultimo posto per l’FK Minaj: poco più di 4,05 milioni di euro. Un budget che non consente, in alcun modo, di competere per la conquista del titolo nazionale.

Deprezzato il valore della Liga

Nel complesso, secondo i dati del portale specializzato TransferMarkt, la Prem’er Liha può vantare un valore totale delle “rose” pari a 305 milioni di euro (la prima divisione conta 16 squadre), contro i 440 milioni della stagione precedente (ovvero quella precedente al conflitto russo-ucraino). Appena un anno fa erano tesserati 88 giocatori stranieri (il 21,5% del totale, pari a 409 unità). Attualmente sono 49 su 424: appena sopra il 10%. Giocare in Ucraina è un rischio per molti professionisti e diversi calciatori di livello hanno preferito trasferirsi in altre serie calcistiche. Un campionato, quello ucraino, che l’Uefa, appena un anno fa, collocava al 12° posto del ranking continentale con 31.800 punti (sulla base del coefficiente Uefa al 25 febbraio 2022). Una serie nazionale in costante crescita, soprattutto in questi ultimi anni, con la Serbia all’11imo (32.875 punti) e la Russia al 10imo (34.482).

A distanza di un anno questo coefficiente è crollato a 28.500 punti (posizionando l’Ucraina al 16° posto), ma anche la Federazione russa ha perso interesse: è al 23° posto (in un solo anno è scesa di 13 posizioni), con appena 21.883 punti, superata anche da Israele (20°) e da Cipro (21°).

Un danno economico per i tanti oligarchi della Federazione russa, che investono nel calcio utilizzando le squadre come strumento di visibilità e potere. Il perdurare del conflitto russo-ucraino, secondo molti addetti ai lavori, rischia di colpire duramente i due ecosistemi sportivi dell’Europa dell’Est. Non è solo un problema di valore delle “rose”, ma anche di presenze negli stadi (biglietteria) e di mancati accordi di sponsorizzazioni. Inevitabilmente, anche il valore dei diritti audiovisivi rischia di uscirne fortemente compromesso, soprattutto se il conflitto dovesse continuare a lungo.

 

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Marcel Andre Vulpis

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