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Fifa e campi in erba sintetica: ampio spazio al recupero dei materiali

(di Andrea Ranaldo) – Settimana importante per la FIFA, che il 16 marzo si esprimerà ufficialmente sull’adozione del VAR ai prossimi Mondiali in Russia; un’approvazione che, dopo il placet da parte dell’IFAB (International Football Association Board, l’organo preposto a stabilire le modifiche al regolamento del gioco del calco), e le dichiarazioni entusiaste del Presidente Gianni Infantino, appare poco più che una formalità.

La FIFA, però, negli ultimi anni, si è dimostrata anche molto attenta nell’ambito della sostenibilità ambientale grazie al programma “Football for the Planet”, e proprio in questi giorni ha pubblicato un interessante studio di impatto sull’utilizzo delle superfici in erba sintetica, e sulle possibili modalità di dismissione.

LA CRESCITA DEL FENOMENO

Il primo terreno di gioco in erba sintetica è stato realizzato a Houston, in Texas, nel 1966, ma è con l’inizio del XXI secolo che il fenomeno è diventato mondiale, grazie anche alla doppia certificazione di qualità creata dalla FIFA: “Quality Pro” per i campionati professionistici, e “Quality” per le realtà dilettantistiche.

Dal 2006 ad oggi sono stati certificati 3.437 campi in 149 Paesi: in Italia, il primo impianto ad avere ospitato una partita di Serie A su un terreno interamente in erba sintetica è stato, nel 2011, lo stadio Dino Manuzzi di Cesena.

Una tecnologia che presenta sia “pro” che “contro”: se è vero che rende sempre possibile la posa di un terreno di gioco uniforme, indipendentemente dalle condizioni climatiche, la durata media di un campo sintetico è relativamente bassa, e si attesta sugli 8 anni di vita. Una tempistica che ha obbligato la FIFA a trovare una soluzione, come dichiarato da Federico Addiechi, responsabile della sostenibilità: “Noi, in quanto organizzazione mondiale, abbiamo il dovere di proteggere e limitare il nostro impatto sull’ambiente: dobbiamo dare il buon esempio e creare consapevolezza in tutta l’industria sportiva. Ecco perché stiamo studiando nuove tecniche di riciclo che escludano l’incenerimento dei terreni di gioco ormai esausti”.

Secondo i calcoli dello studio, oggi sarebbe possibile riciclare il 99% dei materiali utilizzati, per un risparmio complessivo di 400 tonnellate di emissioni di CO2 per ogni campo dismesso, ma sono numeri che si scontrano con la realtà, dove la maggior parte dei terreni consumati finisce mestamente in discarica.

IL BUON ESEMPIO EMPIRICO DELLA FIFA

La FIFA non si è limitata alle parole, ma ha cercato di dare il buon esempio concretamente, riciclando i campi da calcio sintetici presenti nel proprio quartier generale a Zurigo. L’operazione è stata condotta da Re-Match Turf Recycling, azienda danese specializzata in questo nuovo settore.

Dennis Andersen, CEO della società, ha spiegato come grazie ai loro macchinari sia possibile riutilizzare la quasi totalità dei componenti, sia per nuovi terreni di gioco, che per altre finalità industriali. L’obiettivo di Andersen è riuscire a riciclare campi da calcio a costo zero per il cliente, grazie al valore contenuto nei vari materiali di recupero estratti.

 

 

 

 

 

 

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