Editoriale – Quale futuro per il mercato del lavoro nello sport italiano

“Un elemento tipico di questo comparto è la piaga endemica del lavoro nero, spesso molto presente nel mercato sportivo (talvolta camuffato da volontariato). che, per le attività sportive in senso stretto, riguarda probabilmente il 30%-35% del settore (quindi una quota superiore alla media nazionale nella sua globalità) secondo i dati confermati a fine anni Novanta dalla stessa Ocse”, ha spiegato Pierluigi Ascani, direttore di Format research (Istituto di ricerca su base nazionale specializzato su tematiche del lavoro). “Serve chiaramente un nuovo contratto, specifico per il sistema sport italiano,, con ammoritzzatori sociali e garanzie soprattutto in caso di licenziamento. Nel calcio, per esempio, si entra, ancora oggi per cooptazione, con formule contrattuali tra le più disparate: dal volontariato, passando per i rimborsi spese fino a contratti di consulenza, ma se si esce da questo contenitore le tutele a difesa del lavoratori sono inferiori ad altri settori, come se ilavorare nello sport sia un minus piuttosto che un plus”. Discorso a parte è quello della partià di trattamento di alcune figure rispetto ad altre. Nella stragrande maggioranza dei casi in tutte le società sportive le figure professionali degli allenatori, dei ecnici e degli atleti vivono un trattamento di favore rispetto ad altre categorie, come i dirigenti d’azienza, i responsabili marketing o quelli dell’area comunicazione, con disparità di trattamento economico, che, di per sò, costituiscono un problema di difficile soluzione, soprattutto in quelle realtà, dove all’interno del budget di esercizio corrente, la parte tecnico-sportiva trova maggiore spazio rispetto a quella manageriale. “Il mercato del lavoro sportivo è in fortissima evoluzione”, prosegue Ascani. “Si contano almeno 40-50 nuove forme di attività collegate a questo segmento, dagli esperti di match analysis, se parliamo della parte più sportiva, per passare ai web master e web designer, ai consulenti di organizzazione/gestione, fino ai gestori di diritti televisivi e fan engagement, se ci troviamo ad operare, per esempio, nel calcio e all’interno dei cosiddetti top club o leghe/federazioni sportive”. Serve quindi, in tempi brevi, la creazione di un incontro (una sorta di “Stati Generali” dello sport), dove domanda ed offerta si possano confrontare per trovare delle nuove modalità di contrattazione, con particolare attenzione ai temi del precariato/lavoro nero e del licenziamento (studiando specifiche azioni di tutela). Serve anche l’intervento del legislatore, per arrivare a formule di contratto ad hoc per il mercato del lavoro, dando però la possibilità ai datori di lavoro di poter usufruire di formule fiscali agevolati, soprattutto nel caso di strutture sportive professionistiche. Sono tutti interventi che il mondo dello sport attende purtroppo da anni, in un balletto (perverso) delle responsibilità tra centro-sinistre e centro-destra, che non ha mai favorito questo comparto industriale tra i primi 10 su scala nazionale. Non capirlo vuol dire continuare ad operare da “miopi” e senza una strategia pre-definita. (fonte: Il Primato – periodico dell’ente di promozione sportiva ASI) .La crisi economica sta impattando negativamente anche sul mercato del lavoro, ma nel settore sportivo esistono delle problematiche endemiche che creano ulteriori disagi ai soggetti che, a vario titolo, vi lavorano all’interno. Attualmente gli “occupati” in senso stretto (nel settore dello sport) sono oltre 200 mila, mentre l’intera filiera rappresenta un contenitore stimabile in 500-600 mila persone (fonte: Format research), senza considerare tutto l’indotto ad esso collegato.

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Marcel Vulpis

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