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Caos nel calcio cinese, dopo la decisione di introdurre un tetto agli ingaggi ed acquisti

Riprendiamo un editoriale di Nicholas Gineprini pubblicato su Blog Calcio Cina relativamente al tema del tetto ai salari ed acquisti di cui si parla di giorno come prima grande rivoluzione cinese (all’interno della Chinese Super League, l’equivalente della serie A tricolore).

Si può parlare contemporaneamente di caos e di svolta epocale per il calcio cinese, dato che a poche settimane dall’inizio delle competizioni, sono state stravolte le regole per quanto concerne l’impiego degli stranieri, proprio quando sono già state spese cifre impressionanti da parte di alcuni club.

La scorsa stagione potevano essere tesserati cinque calciatori stranieri, seguendo la regola del 4+1, ovvero quattro giocatori di qualsiasi nazionalità e un quinto in possesso della cittadinanza di un paese facente parte della AFC. In campo potevano essere schierati quattro stranieri con la regola del 3+1, mentre il quinto sedeva in panchina. Prendiamo il caso del Guangzhou Evergrande proprio lo scorso anno, che schierava in campo Kim Gwon come asiatico, e Goulart, Alan e Paulinho come stranieri, e Jackson Marinez in panchina, il quale poteva entrare in campo solo al posto di uno dei tre brasiliani.

Ora, a partire proprio da questa stagione (che doveva essere di transizione!) potranno essere tesserati sempre cinque stranieri come riportato dal sito wildeastfootball, ma solo tre di questi potranno esser schierati in campo, indipendentemente dalla loro nazionalità, con gli altri che siedono intribuna, nemmeno in panchina. Inoltre i club dovranno schierare nello starting XI un giocatore cinese U23, dato l’esiguo utilizzo di questi, come Blog Calcio Cina aveva riportato con un report esclusivo lo scorso giugno (leggi qui).

In questo modo, il Guangzhou avrebbe schierato solo Alan, Goulart e Paulinho (ad esempio) nello starting XI, con Kim Gwon e Jackson Martinez a godersi la partita dagli spalti in un’opera di Huge Waste of Money.

Un provvedimento davvero inaspettato, dato che, come avevo riportato qualche settimana fa (leggi qui), proprio il giorno dell’ufficialità di Oscar al Shanghai Sipg, la CFA era tornata alla ribalta con la prospettiva di ridurre il numero degli stranieri a partire dalla stagione 2018, adattandosi al 3+1, in modo da utilizzare la stagione 2017 come transazione, in modo da dare tempo ai club adattarsi al cambiamento.

Il mutamento invece avviene proprio nel bel mezzo della sessione di mercato, andando a compromettere quelli che sono stati gli acquisti già effettuati da alcuni club, Shanghai Sipg su tutti. Secondo i media cinesi, il provvedimento non è ancora ufficiale, ma potrebbe diventarlo nei prossimi giorni, dato ch la CFA ha già informato i club della grande svolta. Ma da chi vengono gli ordini, e perché questa situazione è ancora più caotica di quel che si pensa?

Facciamo un passo indietro, a seguito della riforma statale sul calcio, la Chinese Football Association è stata separata dalla General Sport Administration. Per cui l’organo federale del calcio non è più statale, ma indipendente, allo scopo di potersi adattare ad un miglior sistema di management, più vicino alle federazioni occidentali.

I fatti però non corrispondono assolutamente con la realtà, in quanto nelle scorse settimane la General Sport Administration ha alzato la voce contro le grandi spese intraprese dai club, dichiarando di voler imporre un limite alle spese mediante l’introduzione di un salary cap, in modo da evitare le grandi emorragie che hanno afflitto il calcio cinese nel 2016, con perdite che si attestano attorno al miliardo di dollari (leggi qui).

Seconda la scissione fra Federazione e stato, dovrebbe essere la CFA, e non la GSA a imporre un salary cap, e dovrebbe essere la stessa federazione a rivedere la riforma sugli stranieri, e non il Governo, dato che in questo caso si parla di ordini dall’alto imposti al mondo del calcio.

Secondo il regolamento della FIFA, un ingerenza del governo negli affari calcistici comporterebbe la squalifica di nazionale e club da tutte le competizioni internazionali, come è successo recentemente a Kuwait e Indonesia. Ma questo non avverrà mai, in quanto dopotutto, la FIFA è cinese data la fortissima presenza al suo interno della Dalian Wanda.

Se la riforma passerà a partire dalla stagione 2017, i club dovranno affrettarsi a vendere in Europa entro la fine di gennaio.

Pensiamo al Shanghai Sipg che ha acquistato Akhmedov dal Rostov e Oscar dal Chelsea, e si ritrova in rosa anche Hulk, Elkeson e Kouassi…e forse Carvalho. Solo tre di questi potranno essere schierati in campo, con gli altri in panchina, e questo potrebbe generare malcontento nei confronti di alcuni elementi di spicco.

Quale sarà la reazione dei club? Ora è in corso di costituzione la China Professional Football League, il consiglio di Lega che presenterà gli interessi dei 32 club professionistici di Chinese Super League e League One. Sarà facile immaginare scintille all’interno del consiglio di lega.

E’FINITA?

Assolutamente no. Con questa riforma il calcio professionistico sarà sicuramente sminuito dato il calo del numero degli stranieri, ma la stessa riforma statale sul calcio, non verte sicuramente sulla Chinese Super League, bensì sul dilettantismo e sul calcio giovanile.

Il Business delle 50.000 scuole calcio, dei 70.000 campi rimane comunque attivo ed è su questo che sta puntando fortemente il calcio cinese, per andare a costituire una fan base, radicare il calcio come elemento di cultura popolare, per andare a incrementare l’apporto all’interno dell’intera industria sportiva.

Se qualcosa finirà è il grande spreco di soldi, che avrebbe sicuramente portato allo scoppio di una bolla speculativa. Con questa riforma, che auspico possa essere introdotta nel 2018, il calcio cinese segue l’economia dello stato e si adegua ad un processo di New Normal dopo un periodo di crescita incontrollata

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