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23 marzo 1980 – Calcio e sponsor in Italia: come prese il via l’era commerciale nel pallone

(di Sejon Veshaj) – Il 1980 infatti rappresentò per molti italiani, la fine di una passione: la conferma di un incredibile intreccio di combine che coinvolgeva mezza Serie A. Una farsa che portò all’arresto di molti calciatori e alla retrocessione di Milan e Lazio.

La stagione 1979-80 non rimarrà (fortunatamente) nella storia del calcio solo per lo scandalo scommesse. Fu quello infatti il campionato dove per la prima volta comparirono sulle maglie da gioco sponsorizzazioni di aziende private, oltre allo sponsor tecnico sino ad allora unicamente consentito.

Il primo tentativo di esposizione di uno sponsor non tecnico fu messo a segno l’8 ottobre del 1978 dal patron dell’Udinese Teofilo Sanson. Sfruttando un cavillo del regolamento che vietava sponsorizzazioni sulle maglie da gioco, il “re dei gelati” Sanson fece apporre il proprio marchio in verticale sui pantaloncini della squadra friulana. L’episodio sollevò un vero e proprio polverone con la pronta condanna da parte della Federazione e del Giudice Sportivo: i pantaloncini furono ritenuti compresi nell’abbigliamento di gioco e all’Udinese fu inflitta una multa di dieci milioni di lire. Ma la strada era stata ormai tracciata e passarono solo pochi mesi prima del tentativo che dopo aspre battaglie, portò alla liberalizzazione degli sponsor.

Il presidente del Perugia Franco D’Attoma strinse un accordo con il pastificio Ponte a patto che il marchio dell’azienda apparisse sulle divise da gioco e da allenamento. Per aggirare le norme federali D’attoma fondò un maglificio con il medesimo nome del pastificio, creando la Ponte Sportswear, che a quel punto poteva formalmente comparire a tutti gli effetti come sponsor sui capi del Perugia. Fu il primo caso di sponsorizzazione non tecnica di una squadra italiana. La FIGC non perdonò neanche D’Attoma, inibendo il Presidente del “Grifo” e comminando al club umbro venti milioni di lire di multa.

Ma la perseveranza dell’imprenditore artefice del “Perugia dei miracoli” ebbe la meglio. Il 23 marzo 1980, in occasione della gara contro la Roma e dopo mesi di dispute in tribunale, giunse la tanto attesa autorizzazione federale: cento centimetri quadrati disponibili, e tutte le 16 squadre della A sfruttarono l’occasione. Le aziende desiderose di visibilità fecero il loro ingresso in massa sul palcoscenico preferito dagli italiani. E da quel 23 marzo 1980 il calcio, almeno per i puristi e amanti delle tradizioni, non fu più lo stesso.

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Redazione

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