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Gravina (FIGC) su SkySport intervistato da De Bellis

Oggi, venerdì 14 dicembre, su Sky Sport è stata trasmessa una intervista in esclusiva al Presidente della FIGC Gabriele Gravina, che ha risposto alle domande del direttore di SkyTg24, Giuseppe DeBellis.

Di seguito, l’intervista a Gravina, in onda in forma integrale su Sky Sport nei seguenti orari: su Sky Sport Serie A, ore 14, ore 20.30 e ore 24; su Sky Sport Uno, ore 20; su Sky Sport 24, ore 21.30.

Disponibile anche su skysport.it:

https://sport.sky.it/calcio/nazionale/2018/12/14/intervista-gabriele-gravina-esclusiva-skysport.html

Come sarà il suo mandato, dopo essere stato eletto con oltre il 97% dei voti?

Un grande richiamo al senso di responsabilità, non dell’uomo presidente, di tutte le componenti, sottolineando con grande forza l’esigenza di una riforma del calcio italiano, Quindi, responsabilità da parte mia nel dover assolvere a questo compito, che mi è stato assegnato con una percentuale così alta, ma anche la consapevolezza che esistono delle aspettative e a quelle aspettative bisogna dare delle risposte concrete. Questo è il mio ruolo.

Che giudizio si è fatto della Federazione che ha trovato?

Ho trovato una federazione in una fase di depressione, contaminata da tutto l’ambiente del mondo del calcio, del mondo dello sport; mi riferisco in modo particolare ad una componente straordinaria, che è quella dei tifosi. Non avevano più nessun riferimento, sotto il profilo della competizione, sotto il profilo della governance, perché il commissariamento è sempre la certificazione di un fallimento da parte di soggetti che ne hanno la responsabilità. Oggi, forse, quel 97,20% ha generato un effetto di grandissimo entusiasmo, che noi abbiamo l’esigenza di coltivare e, soprattutto, di alimentare.

C’è qualcosa di buono nella gestione precedente della federazione che si può salvare, che si può sviluppare?

Io, per cultura, non sono abituato a buttare mai nulla. Tutto ciò che appartiene al passato, per me è un’esperienza straordinaria. Il commissario ha, sicuramente, commesso degli errori, come ciascuno di noi, nel momento in cui siamo impegnati in un’attività istituzionale. Però, al commissario bisogna dare atto, o al commissariamento, bisogna dare atto che in questi 8-9 mesi ha avuto il merito di mettere insieme una federazione molto disaggregata, una federazione spaccata, divisa e, quindi, credo che questo commissariamento era doveroso da parte del CONI. Devo dire che non ha azzerato quegli effetti positivi , mi riferisco soprattutto alla politica internazionale, che è stata avviata dal Presidente Tavecchio. Per cultura, rispetto gli uomini, riconosco anche grandissima qualità al loro lavoro, ma prendendo spunto dalle loro esperienze, dobbiamo cercare, tutti insieme, di rilanciare un mondo del calcio che oggi ha davvero bisogno di riforme.

Come ha vissuto da sportivo l’eliminazione dai mondiali di Russia 2018?

L’ho vissuta malissimo, come tutti gli italiani, con la consapevolezza che da questo momento  storico negativo, dobbiamo prendere spunto per ritracciare insieme un percorso, appunto, di rilancio. È evidente che l’entusiasmo che siamo riusciti a concentrare in questi 50 giorni lo dobbiamo rafforzare e per rafforzarlo abbiamo bisogno di risultati. I risultati devono seguire, soprattutto, alcune idee, alcuni progetti e, poi, dobbiamo confidare, tutti insieme, in un percorso virtuoso, il rilancio delle nostre nazionali, per far si che ci sia davvero un momento di esaltazione per tutto il calcio italiano.

Quanto per la federazione è centrale qualificarsi bene al prossimo europeo?

È inutile negarlo, noi dobbiamo puntare a questo risultato, per tante ragioni. Considero il girone alla nostra portata, forse complicato dal calendario, ma lo sappiamo benissimo. Noi siamo l’Italia, dobbiamo convincerci che l’Italia deve riconquistare quel ruolo centrale nel panorama del calcio internazionale, perché non è il valore della competizione che, sicuramente, ha un peso fondamentale per il valore del calcio fine a stesso, ma è il risultato sportivo che aiuta, aiuta a stare meglio, a vivere con maggiore serenità quel progetto e quel percorso di riforma che noi, comunque, dobbiamo attuare.

Cosa si augura per Mancini, il CT della Nazionale che, comunque, non ha scelto lei?

Io non l’ho scelto perché mi sono limitato a una valutazione di carattere oggettiva. È stato scelto nella gestione commissariale, oggi Mancini è l’allenatore della Federazione Italiana Gioco Calcio ed è l’allenatore della Nazionale italiana di calcio. Quindi, io rispetto le scelte e devo necessariamente, anche con entusiasmo, sottolineare il ruolo di Mancini all’interno della nostra federazione. Ho avuto modo di incontrarlo, di parlargli, di confrontarmi e lui ha trasmesso ai nostri ragazzi, a tutto l’ambiente, molta serenità, massima fiducia, massima disponibilità a supportare il suo lavoro. Insieme a  tutti i ragazzi, insieme a tutto lo staff, a tutta la federazione e, sono convinto, insieme a tutti i tifosi, dobbiamo puntare a quell’obiettivo, che è per noi maledettamente e, soprattutto, strategico.

Come può la federazione contribuire al recupero del talento nel calcio italiano?

Sono sempre stato un accanito sostenitore che in Italia, come in qualunque parte del mondo, il talento esiste. Il problema è scovarlo, soprattutto formarlo e farlo trasformare in campione. Questo è il passaggio più delicato. Per fare questo ci vuole la formazione, per fare la formazione ci vogliono formatori altamente qualificati, altamente preparati. Noi dobbiamo lavorare sul concetto delle accademie, sul concetto della formazione, perché pensare di avere come fiore all’occhiello solo i centri federali, ma non poter fare formazione all’interno di quei centri, perché sono utilizzati pochissimo per quello che può essere utile, non solo alla formazione del campione utilizzando il talento ma, soprattutto, per formare gli uomini del domani. Noi, molte volte puntiamo tutto sulla creazione della tecnica sportiva e la preparazione alla formazione della tecnica sportiva. Forse, ci dobbiamo anche preoccupare di quello che può essere il futuro di questi ragazzi. Per fare questo ci vuole la scuola, una sorta di accademia.

Quanto è importante per l’Italia organizzare le finali dell’Europeo Under 21?

Gli eventi sono un test importante, che aiuta a maturare, a formare anche la nostra struttura, una struttura straordinaria. Poi, c’è la mia grande scommessa, che è quella di puntare all’organizzazione dell’Europeo 2028. Quindi, grande onore, grande merito a questi ragazzi, alla capacità della nostra Italia, della nostra organizzazione, di saper essere pronti a ogni chiamata alle armi, per quanto riguarda l’organizzazione di questi eventi. Non dimenticando che un campionato europeo Under 21 organizzato in Italia, è un appuntamento che non possiamo perdere sotto il profilo dell’obiettivo sportivo, perché oltre a non centrare l’obiettivo da tantissimi anni, l’ultima volta nel 2004, è un evento che permette, attraverso una qualificazione nei primi posti, di poter accedere alle Olimpiadi, altro evento al quale non possiamo mancare.

La candidatura per l’Europeo del 2018 ha che punto è?

È complicato convincere alcune autorità politiche, e non solo, a condividere questo percorso. Però, dobbiamo tutti insieme fare degli sforzi, non ci possiamo limitare a denunciare solo i problemi del nostro sport, del calcio italiano, denunciando una gravissima crisi delle infrastrutture e non cogliere un’occasione, un’occasione, di un’opportunità di un evento così importante, che potrebbe consentire in 8, 9, 10 anni di poter mettere insieme tutte le energie, non solo umane, ma anche economiche e finanziarie, per rilanciare il nostro patrimonio di infrastrutture sportive.

Sulla riforma dei campionati

Sono partito da una valutazione oggettiva, ci sono delle problematiche legate alla riduzione del numero delle squadra professionistiche. Ho proposto un qualcosa di diverso, che è collegato più al principio della sostenibilità. Il mondo professionistico, a mio avviso, non può avere più di 40 squadre professionistiche, che sono le 20 di Serie A e le 20 di Serie B. L’ho proposto al Governo italiano ed è in atto una norma che riguarda la disciplina del semiprofessionismo, che potrebbe riguardare non solo la Lega Pro, ma anche il calcio femminile, il basket, la pallavolo, il tennis, ed è una proposta che guarda dritto negli occhi al futuro perché non possiamo continuare ad ipotizzare un mondo professionistico o uno dilettantistico che non ha questi canoni. La Lega Pro, come semiprofessionismo, conserverebbe tutti i vincoli e i diritti derivanti dal professionismo, ma avrebbe dei vantaggi di natura fiscale legati al semiprofessionismo, o se preferite, al dilettantismo. Con un impegno, il 50% di questo vantaggio dovrebbe essere investito nelle infrastrutture, il 50% nei settori giovanili.

Perché secondo lei bisogna fermarsi al semi-professionismo nel calcio femminile?

Perché è un problema di sostenibilità. Il calcio femminile oggi è in grandissima ascesa e dobbiamo far sì che questo continui. Il semi-professionismo garantirebbe comunque la tutela, soprattutto di natura previdenziale, che le ragazze meritano, così come meritano tutti i professionisti e anche i dilettanti, che danno la loro prestazione sportiva, ma  non dovremmo caricarle di oneri fiscali, anche perché, assolvendo a una funzione sociale, di aggregazione sociale, la ritengo una cattiveria, che in questo momento non possiamo assolutamente permetterci.

Quanto sono importanti gli stadi di proprietà?

Uno dei tavoli aperti riguarda proprio le infrastrutture. Più che altro farei un discorso di necessità di avere stadi nuovi, moderni, accoglienti. Pensare di migliorare il nostro brand con strutture inadeguate è come un cane che si morde la coda. A questo tavolo è prevista la partecipazione di tre Enti importanti: l’Anci, l’Istituto per il Credito Sportivo e la Cassa Depositi e Prestiti. Tutto questo rientra in un percorso in cui la Federazione deve essere primo attore nell’individuare un modello ideale, poi nel mettere in moto tutti i meccanismi possibili, sia sotto il profilo del reperimento delle risorse, ma anche della sburocratizzazione, stimolando nuove disposizioni normative, per far sì che questo percorso consenta alle società di procedere dritte alla meta, senza nessun alibi.

Come si possono evitare casi di fallimento e difficoltà economiche, soprattutto per club di Serie C?

C’è la possibilità di rendere il nostro sistema credibile in un mondo economico. Oggi non è così, non è credibile sotto il profilo della gestione economica e, quindi, nel mondo economico non è ritenuto attendibile. Il 18 dicembre, per la prima volta nella storia del calcio italiano, le licenze nazionali saranno pubblicate ufficialmente, quindi tutte le società avranno la possibilità di conoscere l’entità dei nuovi indicatori per far poter parte del nostro campionato. Questo significa maggiore severità, ma anche certezza sui tempi, e lavorare perché ci sia certezza nei riferimenti e nell’applicazione dei criteri e delle norme. Alle società può sembrare una sorta di penalizzazione, ma non è così. Noi abbiamo il dovere di assicurare il maggiore equilibrio della competizione sportiva ed il rispetto della competizione sportiva. Quando si opera nel mondo economico si può correre il rischio anche di fallire, ma noi abbiamo il dovere di avvertirli prima. Se a tutti permettiamo di rinviare la soluzione del problema, creiamo due danni, quello all’imprenditore e al nostro mondo sportivo e, quindi, alla competizione sportiva

Sulle proprietà dubbie entrate nel nostro mondo

Stiamo lavorando sull’istituzione del casellario di onorabilità, che già esiste, ma lo vogliamo rafforzare, più ampio, che comprenda dei reati che possono comunque dare degli alert trasferiti nel mondo dello sport. Stiamo, poi, prevedendo una sorta di lettera di ‘padronage’ da parte di un Istituto bancario, che possa garantire qualità e, soprattutto, attendibilità e credibilità dei nostri interlocutori.

Sulla giustizia sportiva; come ha vissuto l’estate più difficile?

L’ho vissuta malissimo, ho definito quei provvedimenti una lacerazione costante, una violenza costante all’applicazione corretta delle norme. Ho tentato in tutti i modi di oppormi, con grande convinzione. Ancora oggi sono convinto che quello sia stato un errore incredibile sotto il profilo della stesura della norma, del rispetto delle stesse, e dei tempi applicati. Oggi siamo ancora al 60°/61° procedimento di natura legale giudiziario, sia sportivo che legato alla magistratura ordinaria, su questo tema. Un qualcosa che dire vergognoso è poco. Adesso non dobbiamo unire al danno la beffa: dobbiamo stare attenti a manovrare con molta cautela questa procedura, che è stata davvero negativa. Lo possiamo fare cercando di portare a casa il miglior risultato possibile, senza intaccare quello che è l’equilibrio che si sta assestando nell’ambito delle competizioni, aspettando i giustizi di merito che sono stati fissati a marzo. Il 18 dicembre spero che il Consiglio Federale, con molta serenità e con molta responsabilità, ponga fine, con un confronto aperto, a questa situazione, stabilendo anche quale sarà il format del futuro e quali saranno le modalità per completare quel format che eventualmente sarà deciso il 18 dicembre.

Secondo lei, quale è Il format corretto?

Quello corretto l’ha sottoscritto il 97,20%. Questa sarà la mia proposta: la Lega A a 20, la B a 20, Lega Pro a 60, con semi-professionismo. Poi, ci sarà un confronto nel dare, a mio avviso, un giusto risarcimento, dove questo dovesse essere ritenuto congruo da parte del consiglio federale, eventualmente alla Lega Pro, ipotizzando una quinta promozione.

 

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