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CNEL: insufficienti i fondi strutturali europei 2021-2027

Nel documento di Osservazioni e proposte, gli elementi di criticità per il sistema-Paese

Le risorse europee per la coesione, per il ciclo 2021-2027, soprattutto a fronte degli squilibri macroeconomici, sociali e territoriali dell’Europa e dell’Italia, sono insufficienti. Rispetto alla programmazione del periodo precedente, 2014-2020, prevedono un taglio di circa il 10%. L’Italia non beneficia pienamente delle opportunità offerte dall’Unione, presentando molteplici elementi di criticità. È evidente che sussiste un problema del Sistema-Paese nell’approccio ai fondi strutturali. Per questo, il CNEL esprime preoccupazione in ordine a una serie di misure che, rispondendo prioritariamente a esigenze di controllo della spesa, di fatto indeboliscono gli obiettivi di coesione e mettono a rischio gli investimenti proprio in quei territori caratterizzati da maggiori difficoltà strutturali come il Mezzogiorno”.

È quanto sostiene il CNEL nel documento di Osservazioni e Proposte su “I fondi strutturali europei: elementi di criticità del sistema-Paese Italia”, emanato in ottemperanza dell’art. 10 della legge 936/1986 secondo cui è chiamato ad “esaminare, sulla base dei rapporti predisposti dal Governo, le politiche comunitarie e la loro attuazione” e all’art. 28 della legge 234/2012, che prevede che il CNEL faccia “pervenire alle Camere e al Governo le valutazioni e i contributi che ritiene opportuni sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea”.

In ordine alla programmazione delle risorse, il CNEL apprezza le misure riferite alla concentrazione degli obiettivi, alla semplificazione delle procedure, alla flessibilità degli impieghi delle risorse, alla proporzionalità degli oneri amministrativi proposte dalla Commissione europea, ma insiste sull’individuazione di ulteriori modalità di riduzione del carico amministrativo sulle autorità che gestiscono i fondi e sui beneficiari dei contributi comunitari e sull’adozione di criteri che, coerentemente con gli obiettivi della programmazione, liberino risorse a sostegno delle politiche di coesione degli Stati membri della UE. In tal senso, pur condividendo le segnalazioni espresse nella Relazione del Governo inerente la proposta di Regolamento 375/2018, il CNEL chiede di escludere dal calcolo del deficit la quota nazionale di cofinanziamento”.

Per il periodo 2014-2020 alla politica di coesione è stato destinato un terzo delle risorse previste nel bilancio UE, per un investimento di 351,8mld. A questi si aggiungono i contributi nazionali e gli altri investimenti privati, per un impatto stimabile in circa 450mld. Le risorse messe a disposizione dall’Unione sono aggiuntive, non sostitutive, rispetto al finanziamento delle politiche da parte di ogni Stato membro, e questo nel rispetto del principio di addizionalità delle risorse UE, in base al quale alle dotazioni finanziarie dei Fondi europei non devono corrispondere riduzioni degli investimenti strutturali nazionali nelle regioni interessate dall’intervento comunitario.

Per l’Italia, gli interventi della politica di coesione europea rappresentano il 12% degli investimenti nazionali e i 2/3 degli investimenti nel meridione italiano, per il beneficio di oltre 50mila imprese, oltreché garanzia di programmazione pluriennale con il coinvolgimento del partenariato. Non c’è dubbio, quindi, che la politica di coesione europea vada difesa e i risultati conseguiti resi noti.

Nell’ambito delle proprie finalità istituzionali, il CNEL si propone di svolgere una funzione attiva, modello “organizzazione ombrello”, per facilitare l’utilizzo dei fondi europei e il perseguimento degli obiettivi per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, ad esempio attraverso la misurazione della “qualità dei servizi all’impiego dei fondi strutturali” della PA; la promozione, anche in collaborazione con l’Agenzia per la Coesione Territoriale, di eventi informativi e formativi rivolti al personale delle PA; la promozione della conoscenza del Codice europeo di partenariato e della Guida per i beneficiari, anche facendo ricorso allo strumento della consultazione/informazione; la costituzione di un osservatorio e di un archivio dati; la definizione di criteri per la misurazione in trasparenza del grado di rappresentatività delle parti sociali chiamate dal principio di partenariato a svolgere un ruolo centrale negli accordi, nella programmazione e nei comitati di sorveglianza.

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