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Per un giudice “Giallorosso Ebreo” non è discriminazione. Lettera della CER alle istituzioni per protesta

(di Marcel Vulpis) – Lanciare cori allo stadio come “Giallorosso Ebreo” non è una derisione pubblica, ma un chiara offesa e discriminazione nei confronti degli appartenenti alla comunità ebraica. Lo dice il buon senso, che, spesso, nella nostra società, vale quanto lo zero assoluto. Non è un caso infatti che, di recente, un giudice abbia emesso una sentenza ingiustificabile (pur nel rispetto della magistratura) sul tema in oggetto. Coloro infatti che, tempo, fa fecero allo stadio il coro “giallorosso ebreo”, durante un derby, oggi sono stati prosciolti perché il fatto non sussiste e non si ravviserebbe alcun “odio razziale”. Nella realtà è l’esatto contrario.

Citando infatti la sentenza non si ravviserebbe, “alcun concreto pericolo di diffusione di un’idea di odio razziale e di superiorità etnica”. C’è da chiedersi quale insegnamento intendiamo dare a chi si reca abitualmente allo stadio, soprattutto tra i più giovani, se, alla fine, vince solo l’odio e la maleducazione.

Di seguito la lettera inviata dalla Presidente della Comunità Ebraica di Roma, Ruth Dureghello al Ministro della Giustizia Andrea Orlando e al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, Giovanni Legnini in merito alla sentenza di proscioglimento per il coro “giallorosso ebreo”.

Parole, quella del Presidente Ruth Dureghello, che sposiamo appieno per affinità elettive, vicinanza di idee, amicizia e per quel comune senso del rispetto che abbiamo nei confronti della Comunità Ebraica Romana e dei valori/storia che promuove nella nostra società da sempre.

L’agenzia Sporteconomy e il sottoscritto (in qualità di direttore responsabile) è “vicino” al tema e alla CER, per la campagna di anti-discriminazione che porterà avanti nelle prossime settimane. 
Egr. On.
Andrea Orlando
Ministro della Giustizia

Egr. Avv.
Giovanni Legnini
Vice Presidente del Consiglio
Superiore della Magistratura

con grande inquietudine e preoccupazione vi scrivo in merito alla recente sentenza emessa dal GUP del Tribunale di Roma, riportata tra l’altro da alcuni organi di stampa, sulla base della quale due tifosi denunciati per diffusione di odio razziale dopo aver intonato il triste e ricorrente coro “giallorosso ebreo”, sono stati prosciolti perché il fatto non sussiste.

Secondo le motivazioni della sentenza, per quanto è dato leggere nei citati articoli di stampa, le espressioni incriminate sono state ritenute confinabili all’ambito di una rivalità di tipo sportivo il cui intento era la mera derisione sportiva e non discriminatoria tale per cui “le modalità di accostamento della parola ebreo a giallorosso non costituiscono”, citando la sentenza, “alcun concreto pericolo di diffusione di un’idea di odio razziale e di superiorità etnica”.

Si tratta indubbiamente di un precedente allarmante per la giustizia di questo paese che, in sostanza, legittima l’utilizzo dell’aggettivo “ebreo” in forma dispregiativa e razzista e comunque come strumento di derisione durante gli eventi sportivi.

E’ ineluttabile il rischio che deriverà da una acritica e passiva accettazione di questa linea di pensiero che verrà inevitabilmente assunta come discriminante rispetto a condotte che obiettivamente non meritano di trovare alcuno ingresso in qualunque contesto e ancor meno legittimazione.

Le manifestazioni sportive diverrebbero altrimenti “zone franche” dove esprimere in libertà commenti razzisti e antisemiti.

Mi rivolgo quindi a voi con lo scopo di ribadire che in questo paese gli antisemiti, unico aggettivo in grado di qualificare chi deride un tifoso avversario appellandolo “ebreo”, siano perseguiti e condannati e non ci sia spazio per alcuna ambiguità, soprattutto nelle aule dei nostri Tribunali.

La nostra Costituzione e la Legge Mancino rappresentano due pilastri fondamentali del nostro sistema normativo dei quali, come cittadini italiani, primi tra tutti ad essere orgogliosi dei valori liberali e democratici della nostra Nazione, sentiamo il bisogno di una corretta applicazione.

Solo pochi giorni fa, durante il Giorno della Memoria, abbiamo ricordato come un crescente clima di antisemitismo nella società italiana, maturato anche nelle aule di giustizia, fu il preludio al dramma della Shoah.

Per questa ragione è ancor più necessario intervenire per far sì che questa sentenza, che stentiamo a comprendere per la sua astratta devastante portata e le cui motivazioni attendiamo di leggere con interesse e allarme, non produca risultati nefasti soprattutto in prossimità di eventi sportivi carichi di rischi, tensioni e conflittualità.

Con viva cordialità,
Ruth Dureghello

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Marcel Vulpis

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